Continuo a esplorare le domande che mi sono state fatte durande il convegno CEK-lab ad Ercolano, il 16 Ottobre.
Quale ricetta daresti all'obsolescenza? esistono ricette istituzionali? Quale contributo possono dare i network spontanei o istituzionali?Le domande che affronto ora sono il cuore della discussione.
La Domenica prima del convegno, sono andato in campagna, e all'ombra di un melo, ho chiesto a me stesso come organizzerei io la formazione se avessi improvvisamente la bacchetta del comando.
Eccovi quindi la mia ricetta personale di
PROPOSTA FORMATIVAE' ipotizzabile che l'apprendimento, come tanti altri processi, non sfugga alla logica della ruota di Deming: Plan, Do, Check, Act. Si potrebbero quindi applicare anche in questo ambito le metodologie del miglioramento continuo.
Senza rifletterci troppo ipotizzo un processo ciclico (sicuramente si può dettagliare con più cura).
Flusso primario:
Istruzione Generale e Tecnica -> Formazione -> Addestramento Supporto:
Esperienza e capacità/caratteristiche personaliFra le attività di
Istruzione sono da comprendere senz'altro quelle scolastiche, che sono una specie di start-up: conoscere la grammatica e il teorema di Pitagora, una lingua straniera...
Così anche quelle tecniche/specifiche che si acquisiscono nelle scuole superiori e universitarie.
Le attività
Formative sono quelle a cui spesso si fa riferimento quando si parla di formazione, perché più o meno tutti abbiamo chiara la differenza fra addestramento e formazione.
La gestione del tempo, La gestione delle risorse, le metodologie per gestire un progetto, la gestione dei cambiamenti, la leadership, e così via, un elenco ampio ma sicuramente identificabile, di strumenti che non insegnano a "fare" qualcosa ma formano una capacità gestionale dirigenziale.
Infine le attività di
addestramento che, in funzione del ruolo interpretato, servono a perfezionare la conoscenza di particolari strumenti: come si configurano i router, come si usa/configura uno specifico software
ERP, come si progetta una LAN, tanto per nominare a caso.
Tutto questo non è sufficiente perché ci sono due elementi che qualcuno un po' superficialmente ritiene che non siano gestibili:
Le
caratteristiche personali: non sono un monolita immutabile scritto nel DNA, ma attraverso tecniche (analisi psicologica transazionale per esempio) possono essere affinate o indirizzate in altre direzioni.
Infine l'
esperienza che non è solo una somma di anni di lavoro in azienda/e, ma è qualcosa che, per dare un valore aggiunto, va capitalizzata. Per esempio la conoscenza del core-business in cui si opera può essere considerata come una istruzione tecnica ma è senz'altro accresciuta dall'aver operato per anni in progetti dello stesso settore.
Detto questo
si può forse pensare ad un modello calato dall'alto, attraverso una sorta di piano nazionale istituzionale? Secondo me Improbabile e poco plausibile.
Si può sperare che le aziende possano guidare un approccio di questo tipo? Non credo, troppo legate ai risultati economici immediati.
La formazione è qualcosa legata all'individuo e spetta al singolo, prima di tutti, essere consapevole del proprio percorso.
Sarebbe interessante poter consultare un catalogo dal quale attingere e selezionare la propria specializzazione e crescita formativa in funzione delle opportunità di lavoro e degli interessi.
Penso che possibili aiuti in questo senso potrebbero venire da associazioni professionali e dalle business
school.
Forse è un'idea visionaria ma mi piace pensare ad un "
libretto professionale" personale che contenga il curriculum e i crediti educativi e formativi.
Non solo, ma che consenta soprattutto degli aggiornamenti.
Per capirsi con un esempio è quello che si fa con l'automobile. Se si vuole mantenere in efficenza e farla durare nel tempo la si sottopone
periodicamente ad una
manutenzione programmata.
nello stesso modo sarebbe utilissimo poter fare dei
tagliandi periodici educativi che, a seconda dell'argomento, potrebbero essere triennali, annuali, quinquennali e così via.
Un'altra considerazione riguarda gli argomenti molto complessi o in così rapido cambiamento (noi informatici lo sappiamo sulla nostra pelle) per i quali sarebbe efficace poter attingere da un ambito "condiviso" di conoscenze.
Attraverso una sorta di "rete sociale", una banca dati della conoscenza fatta non di libri, articoli, manuali, ma di persone disponibili a dare e ricevere in un contesto collaborativo.
In questo contesto sarebbe necessario definire anche il ruolo del "formatore".
Il formatore non come un super-esperto ma un agitatore che deve portare ad assumere comportamenti e modi di essere autonomi. (Socrate e il ruolo attivo dell'allievo; il formatore deve essere come una levatrice che porta alla vita qualcosa di già formato).
Una formazione non serve per insegnare! Ma serve per insegnare indirettamente, ossia per "sollecitare" ad imparare, per trovare le verità che all'allievo servono per conto suo, nel suo ambiente, per la sua situazione, in accordo con la sua personalità (Cito Gianfranco Secchi che si occupava di formazione in IBM negli anni 70/80).