Con quale occhio dobbiamo guardare alla tecnologia informatica?
Quale futuro dobbiamo aspettarci?
Un futuro alla Orwell, con pochi eletti che decidono per tutti, e dove tutti sono controllati da computer che spulciano ogni avvenimento privato; un mondo tecnocratico che privilegia l'efficienza, la produzione, il consumo...
Un mondo di illetterati, incollati ai terminali, ossessionati dai videogiochi, ingabbiati dentro una realtà virtuale, pigri, incapaci a instaurare rapporti sociali con i propri simili, limitati nella loro libertà e creatività.
Oppure abbiamo trovato finalmente la strada maestra per immergerci in una nuova era dove l'uomo, assistito da una tecnologia avanzatissima, sarà finalmente padrone del 'sapere' e della 'conoscenza'? Un mondo in cui ogni uomo avrà a disposizione molto tempo libero che potrà dedicare alla famiglia, alle attività sociali e culturali, dove il confronto e la cooperazione allargheranno la base decisionale.
Onestamente, elencando queste due alternative, trovo che qualcosa stride nel ragionamento.
Come se il discorso rimanesse ingabbiato in una logica che si riduce a una diatriba fra "tradizionalismo" e "progressismo", fra "spiritualismo" e "razionalismo".
Che ci sia una profonda trasformazione in atto nella società nel ventunesimo secolo, è un dato di fatto; che questa trasformazione culturale coinvolga il rapporto con l'informatica, con i computer, con internet è altrettanto evidente.
Ma è una trasformazione che, come tutte le trasformazioni sociali e culturali del passato, avviene in modo caotico e contraddittorio. Dovremo continuare a convivere con la realtà di un mondo tecnologico liberatorio per certi aspetti e opprimente per altri, come un caleiodoscopio che cambia forma continuamente a secondo della prospettiva con cui lo guardi.
E' una divisione che non attraversa solo differenti classi sociali o regioni geografiche o aree culturali. Onestà intellettuale dovrebbe farci ammettere che ognuno di noi ne è coinvolto e attraversato internamente.
Insisto nel ritenere che è fondamentale, la cultura informatica, un atteggiamento formazione continua, la capacità di confrontarsi, la disponibilità ad aumentare la nostra capacità di ascolto e comprensione.
Se caso mai una possibilità di guidare questo fenomeno dovesse esistere, quella riguarda in prima battuta il singolo.
Sì, mi piacerebbe vedere una informatica del dialogo.
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