Per progettare una buona struttura ICT non basta fare l'elenco delle migliori tecnologie e delle più promettenti "best practises" e mescerle insieme come si fa per la preparazione di un cocktail.
Una visione pragmatica dell'organizzazione non deve far perdere di vista la gradualità dell'approccio attraverso una scelta basata su priorità tecnologiche e organizzative.
Se si pretende di avviare nel giro di un paio di anni: outsourcing di servizi, procurement centralizzato, revisione dell'architettura WAN e delle infrastrutture di rete, introduzione di server virtuali, standardizzazione dei client e chi più ne ha più ne metta, bisogna poi essere pronti a fronteggiare ritardi eclatanti, resistenze più o meno velate, perplessità, perdita di fiducia nell'obiettivo finale.
E comunque, rimanendo all'esempio del cocktail, bisogna pur sempre azzeccare gli ingredienti per avere un risultato apprezzabile.
Io propongo un metodo che richiede una forte lucidità e una chiara visione strategica.
Un buon piano di ammodernamento informatico non deve superare i tre anni di gestazione per evitare che gli sforzi per attuarlo vengano bruciati dall'abitudine alla precarietà.
Non solo, bisogna mettersi nelle condizioni che il piano sia assolutamente praticabile, considerando ogni potenziale ritardo come un nemico pericoloso.
L'appoggio interno è fondamentale: occorre che gli elementi chiave (spesso i progettisti del precedente sistema) abbiano un ruolo attivo e trainante, per questo motivo occorre prodigarsi nella proposta di motivazioni valide.
L'appoggio esterno è fondamentale (pure lui) ma dovrebbe essere sempre visto come fatto transitorio, a meno che non si sia consapevoli di trascinare l'organizzazione ICT fuori dalle competenze "core" dell'azienda.
Io ci penserei un po'...
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