lunedì 28 gennaio 2008

Se il bullo è il capo

A chi non è mai capitato di avere un capo arrogante?
Si impara come gestire un progetto o un gruppo di persone, come raggiungere gli obiettivi. Ma che addestramento si riceve su come gestire i manager ingestibili?

Può essere una lavata di capo abrasiva oppure una dolce-affilata stilettata: parole e azioni che creano frizioni, coinvolgono altri colleghi, tritano le motivazioni sul lavoro e minano la fiducia.
Ci sono persone che sono capaci di infliggere profonde ferite ai propri collaboratori, senza rendersi conto che in ultima analisi provocano una perdita di efficacia e produttività.

Chissà se qualcuno ha provato a calcolare quanto costa la tolleranza di questi atteggiamenti: in termini di assenteismo e abbassamento di produttività, per esempio.

Il minimo che bisogna fare è attrezzarsi per addomesticare la situazione.
Spesso si pensa: chi è aggressivo è pazzo o cattivo; lo si immagina sempre alla ricerca di come tormentare il prossimo. Ma spesso queste persone sono soprattutto spaventate.
Hanno la necessità di essere percepite come persone competenti e qualsiasi cosa minacci questa sensazione (e basta veramente poco) aumenta la loro ansietà e genera l'attacco.

Un'altro aspetto da considerare è che spesso non si rendono conto di essere aggressivi o comunque non sanno valutarne l'effetto e i danni. Sono come ciechi perché non sanno vedere oltre alle proprie emozioni.

Come si diventa così aggressivi? Spesso si tratta di abitudini contratte nell'infanzia, a scuola o nell'ambiente di lavoro stesso. E' un atteggiamento che appare loro vincente ed efficace.

Cosa bisognerebbe fare?
Beh, naturalmente se il capo in questione è un sottoposto si può intervenire con un training specifico: 1) fargli vedere cosa sta facendo (consapevolezza); 2) farlo preoccupare abbastanza da desiderare di cambiare; 3) offrirgli un aiuto.
Anche se è più facile a dirsi che non a farsi.

Ma se il capo ruvido è un proprio superiore, allora diventa veramente complicato.

Bisogna innanzi tutto sforzarsi di non attivare l'aggressività. In questo può aiutare la conoscenza. Si può imparare (sulla propria pelle) quali termini o modi di dire sono da evitare. Imparare a gestire i primi venti secondi può essere decisivo.

Fare bene il proprio lavoro ed evitare i confronti personali a tutti i costi.

Non pensare di poter disinnescare il bullismo del capo attraverso le proprie capacità di relazione interpersonale. I riferimenti emozionali o spirituali sono quasi sempre una trappola.

Poi, quando, nonostante le buone intenzioni, l'attacco parte, non fomentarlo con atteggiamenti di sfida. E' saggio ed è meglio lasciar perdere e ritornare sull'argomento successivamente nel modo il più possibile neutrale .

Gli psicologi direbbero che non bisogna cadere nella trappola carnefice-vittima. Bisogna rompere la stabilità latente di quel rapporto, sottraendosi alla lotta. Non pensare che è una fuga o una frustrante sottomissione. E' piuttosto una sana e lucida reazione che evita guai peggiori. Può essere utile in questo senso non spaventarsi e mantenere un contatto visivo con gli occhi dell'altro.

Personalmente qualche volta ci sono riuscito, qualche volta no.

Ispirato da un articolo su CIO Taming the Abrasive Manager di Laura Crawshaw

venerdì 11 gennaio 2008

Il Container, questo sconosciuto

Un gruppo di Compagnie di Trasporto Marittimo (tra cui anche Hambug-Süd per la quale lavoro), ha deciso di promuovere la conoscenza del trasporto attraverso i contenitori.

All'opinione pubblica non è consapevole di quale ruolo rivoluzionario ha avuto nello sviluppo dell'economia del pianeta questo parallelepipedo che spesso ingombra le carreggiate delle nostre strade.
La quasi totalità dei beni che consumiamo ed utilizziamo nella vita quotidiana viaggia in contenitori.
e con colo "viaggiano" preoccupazioni sulla protezione dell’ambiente, timori per la globalizzazione e per la sicurezza.
Nel sito http://www.shipsandboxes.com/ la nuova organizzazione Container Shipping Information Service ha strutturato una serie di interessanti notizie. Per il momento è solo il lingua inglese.
Dal mio punto di vista mi occupo dei processi legati ai Trasporti Marittimi su Container da oltre venticinque anni e posso dire che il flusso di informazioni che viaggia insieme alle merci è notevolmente complesso. E' come una fitta rete che coinvolge tutti gli attori della filiera. Cito solo a mo' di esempio: Esportatore, Spedizioniere, Agente Marittimo, Agente doganale, Armatore, Terminal portuale, Depositi, Trasportatori...