mercoledì 29 ottobre 2008

Progredire con precisione

Sono diventato una star del notiziario interno Hamburg Süd. Anche in questo numero c'è un articolo con la mia foto.
Questa volta si parla di Sistema Qualità/Ambiente e.. delle mia capacità nel recuperare i bagagli persi!


Moving along nicely


“We’d like to take this opportunity to thank Vincenzo Trichini not only for supporting and looking after us so well while we were there, but also for his help in retrieving our luggage, which didn’t travel with us from Munich.”

sabato 18 ottobre 2008

L'innovazione la marchi a uomo o a zona?

Chiudo la serie delle domande (e mie riposte) del convegno CEK-lab di Ercolano 18 Ottobre.
Ringrazio Antonio Savarese, giornalista di DataManager che mi ha invitato, Enrico Viceconte e la scuola Stoà che mi hanno accoltoe ospitato e Giorgio Ventre dell'università di Napoli Federico II che ha sollecitato le domande in maniera intelligente e sobria.
Spero in qualche modo di aver potuto anche rappresentare il contributo dei colleghi, qualcuno anche molto competente in materia di formazione, che hanno partecipato alle Question&Answer su LinkedIn.

- Rispetto all'innovazione tu come ti comporti? Marchi a uomo (la segui dovunque) o a zona?
- IL CIO è nella realtà dei fatti è strategico rispetto al business?

La metafora calcistica mi sembra quanto mai appropriata.
Parto ancora con un aneddoto dei miei primi anni di lavoro. Nel presentare all'Amministratore delegato dell'Agenzia marittima per la quale lavoravo, il mio lavoro mi scappò di dire. "Siamo i primi in Liguria e fra i primi in Italia a utilizzare questa tecnologia..."
Lui guardò un altro dirigente e mi rispose: "Ingegnere, grazie, ma noi preferiamo essere secondi nel nostro lavoro, preferiamo che le sperimentazioni le facciano gli altri".
Questa risposta descrive abbastanza bene il conservatorismo dell'ambiente marittimo italiano (chissà che non sia questo uno dei motivi per cui non c'è alcun operatore italiano fra i leader mondiali). Anche se devo aggiungere che le eccezioni non sono mancate nella mia esperienza con Grandi Navi Veloci/Grimaldi.
Nella mia esperienza l'IT non è stato mai realmente strategico rispetto al business, ma in altri settori e altri CIO hanno certamente esperienze diverse.
Probabilmente la realtà più diffusa è quella del marcamento a zona: lasciare un po' di spazio e intervenire al momento giusto (arrivare secondi).

Proposta formativa

Continuo a esplorare le domande che mi sono state fatte durande il convegno CEK-lab ad Ercolano, il 16 Ottobre.

Quale ricetta daresti all'obsolescenza? esistono ricette istituzionali?
Quale contributo possono dare i network spontanei o istituzionali?

Le domande che affronto ora sono il cuore della discussione.
La Domenica prima del convegno, sono andato in campagna, e all'ombra di un melo, ho chiesto a me stesso come organizzerei io la formazione se avessi improvvisamente la bacchetta del comando.

Eccovi quindi la mia ricetta personale di PROPOSTA FORMATIVA

E' ipotizzabile che l'apprendimento, come tanti altri processi, non sfugga alla logica della ruota di Deming: Plan, Do, Check, Act. Si potrebbero quindi applicare anche in questo ambito le metodologie del miglioramento continuo.
Senza rifletterci troppo ipotizzo un processo ciclico (sicuramente si può dettagliare con più cura).

Flusso primario: Istruzione Generale e Tecnica -> Formazione -> Addestramento
Supporto: Esperienza e capacità/caratteristiche personali

Fra le attività di Istruzione sono da comprendere senz'altro quelle scolastiche, che sono una specie di start-up: conoscere la grammatica e il teorema di Pitagora, una lingua straniera...
Così anche quelle tecniche/specifiche che si acquisiscono nelle scuole superiori e universitarie.

Le attività Formative sono quelle a cui spesso si fa riferimento quando si parla di formazione, perché più o meno tutti abbiamo chiara la differenza fra addestramento e formazione.
La gestione del tempo, La gestione delle risorse, le metodologie per gestire un progetto, la gestione dei cambiamenti, la leadership, e così via, un elenco ampio ma sicuramente identificabile, di strumenti che non insegnano a "fare" qualcosa ma formano una capacità gestionale dirigenziale.
Infine le attività di addestramento che, in funzione del ruolo interpretato, servono a perfezionare la conoscenza di particolari strumenti: come si configurano i router, come si usa/configura uno specifico software ERP, come si progetta una LAN, tanto per nominare a caso.

Tutto questo non è sufficiente perché ci sono due elementi che qualcuno un po' superficialmente ritiene che non siano gestibili:
Le caratteristiche personali: non sono un monolita immutabile scritto nel DNA, ma attraverso tecniche (analisi psicologica transazionale per esempio) possono essere affinate o indirizzate in altre direzioni.
Infine l'esperienza che non è solo una somma di anni di lavoro in azienda/e, ma è qualcosa che, per dare un valore aggiunto, va capitalizzata. Per esempio la conoscenza del core-business in cui si opera può essere considerata come una istruzione tecnica ma è senz'altro accresciuta dall'aver operato per anni in progetti dello stesso settore.

Detto questo si può forse pensare ad un modello calato dall'alto, attraverso una sorta di piano nazionale istituzionale?
Secondo me Improbabile e poco plausibile.
Si può sperare che le aziende possano guidare un approccio di questo tipo?
Non credo, troppo legate ai risultati economici immediati.

La formazione è qualcosa legata all'individuo e spetta al singolo, prima di tutti, essere consapevole del proprio percorso.
Sarebbe interessante poter consultare un catalogo dal quale attingere e selezionare la propria specializzazione e crescita formativa in funzione delle opportunità di lavoro e degli interessi.
Penso che possibili aiuti in questo senso potrebbero venire da associazioni professionali e dalle business school.

Forse è un'idea visionaria ma mi piace pensare ad un "libretto professionale" personale che contenga il curriculum e i crediti educativi e formativi.
Non solo, ma che consenta soprattutto degli aggiornamenti.
Per capirsi con un esempio è quello che si fa con l'automobile. Se si vuole mantenere in efficenza e farla durare nel tempo la si sottopone periodicamente ad una manutenzione programmata.
nello stesso modo sarebbe utilissimo poter fare dei tagliandi periodici educativi che, a seconda dell'argomento, potrebbero essere triennali, annuali, quinquennali e così via.

Un'altra considerazione riguarda gli argomenti molto complessi o in così rapido cambiamento (noi informatici lo sappiamo sulla nostra pelle) per i quali sarebbe efficace poter attingere da un ambito "condiviso" di conoscenze.
Attraverso una sorta di "rete sociale", una banca dati della conoscenza fatta non di libri, articoli, manuali, ma di persone disponibili a dare e ricevere in un contesto collaborativo.

In questo contesto sarebbe necessario definire anche il ruolo del "formatore".
Il formatore non come un super-esperto ma un agitatore che deve portare ad assumere comportamenti e modi di essere autonomi. (Socrate e il ruolo attivo dell'allievo; il formatore deve essere come una levatrice che porta alla vita qualcosa di già formato).
Una formazione non serve per insegnare! Ma serve per insegnare indirettamente, ossia per "sollecitare" ad imparare, per trovare le verità che all'allievo servono per conto suo, nel suo ambiente, per la sua situazione, in accordo con la sua personalità (Cito Gianfranco Secchi che si occupava di formazione in IBM negli anni 70/80).

Ti senti obsoleto?

Riprendo le domande che mi sono state fatte durante il seminario organizzato dalla scuola STOA' su formazione dei manager ICT.

Ti senti Obsoleto?

Io ho 55 anni e mi sono laureato con una tesi basata sul processore 8086. Questo tipo di domanda me la sono dovuta fare almeno sei/sette volte considerando le trasformazioni tecnologiche che l'Information Technology ha introdotto.
Certamente c'è stato un momento in cui ho dovuto fare delle scelte riguardo la mia formazione e ho puntato la rotta verso una carriera di timo manageriale piuttosto che tecnologica.
La risposta è quindi che non mi sento per niente obsoleto rispetto alle scelte che ho operato, ma comunque è un qualcosa di cui occuparsi continuamente.

Il percorso formativo che hai seguito (con riferimento a quello scolastico) è stato adeguato o ha avuto bisogno di un percorso integrativo?

Pesco ancora nei ricordi.
primi giorni di gennaio del 1979, comincio a lavorare in un Centro Servizi Software.
Si usa il COBOL per programmare. Non lo conosco perché in università ho studiato con il FORTRAN. Mi procuro un manuale e nel giro di due settimane mi sento pronto a iniziare.
Il mio capo, mi espone il mio primo lavoro reale.
Bisogna sviluppare un programma di stampa delle Fatture. "Per favore" - mi dice " Ci metti lo sconto anagrafico, lo sconti sulle righe a percentuale e ad importo; sul totale aggiungi la possibilità uno sconto ulteriore. Qui c'è il formato di stampa. Ci sono domande?"
Ci penso su un paio di secondi in silenzio, sono un po' imbarazzato, poi chiedo: "Scusa Germano, cos'è una FATTURA?"

Con queste premesse la risposta è veloce, assolutamente sì c'è stato bisogno di un percorso integrativo parallelo. Qualche volta l'ho ottenuto dall'azienda, qualche volta l'ho dovuto costruire da solo".

Chissà se oggi gli ingegneri neolaureati sanno cos'è una fattura?

(continua..)

venerdì 17 ottobre 2008

STOA' e manager IT come è andata

La partecipazione al convegno CEK-Lab della STOA' Business School è stata decisamente positiva, includendo anche l'aspetto scenario della Villa Campolieto di Ercolano (scrivo a parte il mio post sul viaggio in taxi)

Dagli interventi mattutini degli assessori alla regione Campania che sono intervenuti mi porto via in particolare un paio di considerazioni.
La prima: Che ruolo si può attribuire alla "cultura manageriale" nell'attuale crisi finanziaria/economica?
Perchè la situazione di questi mesi si potrebbe anche leggere come il fallimento di una certa cultura globale che è stata studiata, incentivata e propagata dalle più importanti università internazionali.

La seconda: la formazione ha bisogno di una visione di medio e lungo periodo.
E allora aggiungo io: cosa stiamo facendo studiare ai nostri futuri ingegneri? Tecnologie innovative o qualcosa che il mercato degli ingegneri Indiani è in grado di realizzare con costi molto più interessanti per le industrie del software. Non c'è il rischio che in prospettiva stiamo creando una schiera di ingegneri disoccupati?

Nel pomeriggio lo stand dedicato ai manager IT non era particolarmente numeroso ma in compenso è stato molto interessante.
Le domande a cui io e gli altri colleghi che sono intervenuti abbiamo risposto erano intriganti e non scontate.

- Ti senti obsoleto?
- Il percorso formativo che hai seguito (con riferimento a quello scolastico) è stato adeguato o ha avuto bisogno di un percorso integrativo?
- Quale ricetta daresti all'obsolescenza? esistono ricette istituzionali?
- Quale contributo possono dare i network spontanei o istituzionali?
- Rispetto all'innovazione tu come ti comporti? Marchi a uomo (la segui dovunque) o a zona?
- IL CIO è nella realtà dei fatti strategico rispetto al business?


(continua....)

venerdì 3 ottobre 2008

Formazione manageriale

Scrive Antonio Savarese: Quali sono le competenze manageriali necessarie ad un Manager che opera nel campo dell'IT, quali devono essere gli strumenti che è necessario avere nella "cassetta degli attrezzi"?

Io credo che la cassetta degli attrezzi per la formazione dei Manager (siano IT o non IT), deve avere vari scompartimenti perchè le competenze tecnologiche sono solo una parte del bagaglio necessario.
Un manager si costruisce tramite una adeguata ISTRUZIONE (generale e specifica), tramite una FORMAZIONE (che fa riferimento a valori e strategie) e attraverso un efficace ADDRESTRAMENTO.
Per completare il mix aggiungerei l'accumulo delle ESPERIENZE e delle CARATTERISTICHE PERSONALI.
In ognuno di questi cassetti si può rovistare per mettere ordine.
Per esempio le metodologie ITIL sono un buon esempio di un approccio che richiede prima una FORMAZIONE e poi un ADDESTRAMENTO per renderle uno strumento efficace.

martedì 23 settembre 2008

La formazione manageriale per l'ICT

Organizzato  da STOA' Istituto di stidi per la Direzione e Gestione di Impresa

2° Forum della Formazione Manageriale
Il Forum della Formazione Manageriale è un’occasione di incontro tra esperti e operatori della formazione, docenti universitari, rappresentanti aziendali e delle istituzioni per un confronto sui temi più attuali della formazione manageriale.
L'evento è dedicato
- agli operatori e ai provider della formazione manageriale;
- alle imprese e alle pubbliche amministrazioni interessate alla qualità della formazione e a conoscere nuove idee per lo sviluppo del capitale umano;
- alle comunità professionali operanti nei settori del management;
- ai giovani in ingresso nel mercato del lavoro che vogliono orientarsi alle professioni del management e all'alta formazione in ambito manageriale.


La formazione manageriale per l'ICT


logo-forum-201.jpg in collaborazione con Datamanager
Seminario della comunità professionale ICT

STOA', Villa Campolieto, aula Scuderie
ore 14.00 - 16.00
Modulo di prenotazione

Interventi di:
Vincenzo Esposito, CIO Dell
Alessandro Franchi, CIO Snaidero
Massimo Pepe, CIO Seda
Vincenzo Trichini, CIO Costa Container
Coordina:
Giorgio Ventre, Università Federico II di Napoli e CRIAI

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Alessandro Franchi
ha 40 anni e un percorso formativo molto articolato, che comprende una laurea in economia e diverse specializzazioni ed esperienze internazionali nelle aree delle tecnologie e del management. Ha lavorato presso il parco scientifico e tecnologico “AREA Science Park” di Trieste e poi come consulente di direzione in SDG Consulting, società di consulenza direzionale specializzata in Business intelligence. Da cinque anni si occupa dei sistemi informativi del Gruppo Snaidero. Attualmente è anche impegnato come consulente di strategie IT e come advisor per nuove iniziative imprenditoriali.


pepe.jpgMassimo Pepe, laureato in Ingegneria meccanica, ha lavorato dal 1978 al 1992 nel Gruppo Finsiel, fra Roma e a Napoli, occupandosi di produzione e controllo qualità del software e di “groupware”, mantenendo in questi anni contatti con ambienti di ricerca italiani e stranieri. Dopo un'esperienza in Database Software di Caserta, "software factory" del Gruppo DATABASE (ora EDS), dal 1996 al 2006 lavora nel Gruppo TELECOM ITALIA, come responsabile dello sviluppo/personalizzazione di sistemi/piattaforme di CRM, Rating & Billing per la telefonia mobile e fissa. Nel maggio 2008 assume la responsabilità dei sistemi informativi del Gruppo SEDA, multinazionale italiana leader nell’industria del packaging.

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Vincenzo Trichini, laureato in Ingegneria Elettronica nella facoltà di Genova, attualmente ricopre il ruolo di Information Services Manager alla Costa Container Lines - Hamburg Süd Italia (filiale della compagnia di trasporti marittimi tedesca Hamburg Süd)
La sua esperienza professionale si è sviluppata fin dagli anni 80 prevalentemente nel mondo dello shipping (Grandi Traghetti, Italia di Navigazione, D’Amico, CCL), in particolare approfondendo i processi del trasporto passeggeri, ro/ro e contenitori.
Negli ultimi anni si è trovato a gestire, dal punto di vista dei sistemi informativi, diversi progetti di integrazione di aziende differenti, affrontando aspetti legati alle trasformazioni tecnologiche, all'introduzione di sistemi ERP e alla gestione dei cambiamenti organizzativi.

ventre-80.jpgGiorgio Ventre è Professore Ordinario di Sistemi per l’Elaborazione dell’Informazione presso il Dipartimento di Informatica e Sistemistica dell’Università di Napoli Federico II. Dopo aver conseguito nel 1989 il Dottorato di Ricerca in Ingegneria Informatica, è stato Post-doctoral fellow presso l’International Computer Science Institute e l’University of California di Berkeley dove si è occupato della definizione di protocolli di comunicazioni per applicazioni real-time e multimediali. Giorgio Ventre è stato co-fondatore del Laboratorio Nazionale per l’Informatica e la Telematica Multimediali (ITEM) del Consorzio Interuniversitario Nazionale per l’Informatica, laboratorio che ha diretto dal Giugno 2000 al Febbraio 2004. E’ attualmente Presidente del Consorzio Campano di Ricerca per l’Informatica e l’Automazione Industriale.





brunella bonelli corrado gabriele giovanni dalla bona enrico cardillo giuseppe granieri.jpg paola mosca franco giacomazzi
vincenzo trichini francesco girardi raoul nacanmulli riccardo mercurio mario rusciano matilde marandola
enrico viceconte massimo mascioletta raffaele crispino alessandro franchi alessandro perfetti Luigi Mazzotta massimo pepe

martedì 16 settembre 2008

Meglio risolvere un problema o gestire un conflitto?

La risposta, ma soprattutto la domanda sembra banale. Come dire: si sta meglio quando si sta bene o quando si sta male?
Nella realtà non è proprio così, non sempre.

Qualche volta nonostante si abbia la percezione di andare a sbattere contro un conflitto, non ci sono i margini per cambiare rotta.
Succede come in certe corse di Formula 1, dove la macchina sull'asfalto bagnato prende una traiettoria trasversale e ogni tentativo di controllo del pilota risulta impossibile.

Uno di questi argomenti così viscidi è quello della riorganizzazione delle mansioni e dei ruoli di un reparto. Le motivazioni possono essere svariate e comprendono la crescita delle attività, una trasformazione, la contrazione delle risorse, e così via.
Sì, perché se nell'organizzare si parte da un foglio bianco e si possono seguire certi principi teorici, la riorganizzazione non può non misurarsi con le abitudini dei singoli, le conoscenze maturate, le incompatibilità dei ruoli, i vincoli organizzativi e normativi.

Allora, pur essendo vero che la domanda iniziale è scontata non sempre lo è la soluzione.

giovedì 14 agosto 2008

Manager verso le ferie

Perchè il giorno prima di andare in ferie, sembra che tutto il mondo abbia bisogno di qualche informazione o di avviare urgentemente una nuova procedura e il progetto che latitava da mesi improvvisamente si sveglia?

Ipotesi 1:
sei una persona veramente indispensabile. L'azienda non può fare a meno di te neppure per due settimane e infatti il tuo cellulare rimarrà acceso, il pc portatile farà parte del bagaglio per la vacanza (inclusa connect card - se però hai il black barry è ancora meglio).

Ipotesi 2:
hai bisogno di una regolata alla manovella: non sei al centro del mondo. Possibile che non hai assimilato il concetto che un buon manager deve saper delegare?

mercoledì 4 giugno 2008

IT nella logistica






L'Ict è una potente leva per la creazione di valore, quali sono i legami con il mondo della logistica?

E' facile intuire che in questo contesto il ruolo dell'It è decisamente strategico.

Nel contesto in cui opera la compagnia è fondamentale la centralità della logistica in questo tipo di servizi. Perdere il controllo del loro stato e della loro posizione significherebbe esporre gravemente il business; viceversa saper gestire efficacemente i costi e i ricavi che ogni unità si porta dietro nel suo peregrinare per il globo, significa fare la differenza con la concorrenza.

I processi di gestione dei trasporti marittimi di container sono particolarmente complessi e parcellizzati, gli attori della catena di servizi sono numerosi e la quantità di documenti coinvolti è impressionante. Il tutto condito dalla necessità di coordinare il movimento reale della merce e quello virtuale delle informazioni in modo sincrono con l'operatività delle navi, degli agenti marittimi, dei terminal, degli esportatori e così via. Lo sviluppo di Internet è stato fondamentale per questo settore, perché ha permesso di impostare su nuove basi le comunicazioni operative fra i vari porti e con i clienti. Lo scambio di informazioni via Edi, già da anni utilizzato, ha avuto un nuovo impulso e una diffusione sconosciuta.
Hamburg Süd ha seguito questo percorso e oggi le sue interfacce applicative e-commerce permettono agli spedizionieri di conoscere in tempo reale lo schedule delle navi, i porti scalati, di prenotare gli spazi per i propri trasporti via mare, di acquisire e fornire la documentazione necessaria per l'emissione delle polizze di carico, di tracciare la posizione della merce fino alla consegna.

sabato 31 maggio 2008

il futuro dell'It

Dal suo punto di osservazione privilegiato quale pensa sia il futuro dell’It e quali i trend tecnologici più interessanti per l’innovazione del business?
Oggi vi è una fortissima spinta verso un'informatica fatta di partecipazione e di condivisione delle conoscenze, favorite da strumenti Internet che, nati come fenomeni sociali, finiranno per coinvolgere anche l'approccio aziendale (leggi blog, Twitter, MySpace, YouTube e così via).
Per esempio l'approccio classico e strutturato delle intranet aziendali, potrebbe scricchiolare sotto la spinta di soluzioni più socialmente partecipative.
Le tecnologie wireless e mobile mi sembrano mature abbastanza per diventare strumenti ordinari di gestione delle informazioni. E' dagli anni 80 che sento parlare di futura convergenza di immagine, voce, dati, e mi sembra che dopo un percorso accidentato oggi se ne possa parlare al presente.
Comunque sono portato a credere che il futuro emergerà dal basso piuttosto che da progetti calati dall'alto dalle solite note "grandi" dell'informatica.

lunedì 26 maggio 2008

Il ruolo del manager It

La figura del manager It è in continua evoluzione, come ci si prepara per affrontare questo nuovo ruolo richiesto dal mercato?
Io ho 54 anni e ho quindi l'età di chi rivoluzioni informatiche ne ha già cavalcata più di una: a partire dall'introduzione dei primi personal computer in azienda fino al Web 2.0 c'è un percorso che è già storia e, parallelamente alla tecnologia, è cambiato anche il ruolo del capo.
Sono convinto che i valori chiave per un bravo It manager, paradossalmente, non sono quelli della super competenza tecnologica, ma piuttosto l'affidabilità nel governo, la capacità di gestire i cambiamenti, la competenza nel parlare lo stesso linguaggio del business.
Certamente ci vuole passione e lucidità nei confronti della tecnologia per saper cogliere il momento giusto, per esempio il vantaggio competitivo dovuto all'avvio di un progetto applicativo per gestire le prenotazioni dei passeggeri sui traghetti tramite C++, oppure la comprensione dei vantaggi gestionali introdotti dall'adozione di applicativi Erp, o ancora, più recentemente, l'adozione di prodotti VoIp nelle comunicazioni con le agenzie del Centro-Sud America.

giovedì 22 maggio 2008

CIO e coinvolgimento decisionale

I CIO, chiedono di essere coinvolti nel processo decisionale strategico, guidando progetti di trasformazione di alto profilo e di essere valutati con nuove metriche legate anche a innovazione e crescita anziché a prestazioni e costi. Qual è il nuovo ruolo del CIO ?

Quello del trasporto marittimo è un settore tradizionale deve l'innovazione tecnologica è molto sentita a bordo delle navi, ma non altrettanto nell'organizzazione di terra pertanto la valutazione professionale attraverso metriche legate ai risultati (KPI di business) e decisamente prematura in quest'area.E' vero però che difficilmente oggi si valutano le buone performance di un CIO, solo, in base alla sua capacità di realizzare sistemi che siano "sempre disponibili ed integri". La capacità di navigare all'interno dei costi e investimenti pianificati è diventato un elemento costante e anche la rilevazione di elementi di qualità e soddisfazione non sono più così estranei.

governare la complessità informatica

Quali sono le leve strategiche utilizzate dal Cio per governare la complessità informatica?
Non mi sembra che ci sia una sostanziale differenza, perlomeno in termini di approccio, fra un Cio o un altro manager aziendale.
Gli ingredienti sono: governo, organizzazione, gestione e naturalmente tecnologia, ma con un condimento comune che è l'ascolto. Se non si è capaci di ascoltare non si può pretendere di fare buona strategia. Ascoltare gli azionisti, gli altri manager, le istanze che vengono dal basso, i fornitori, il mercato, significa mettere le premesse per una buona sintesi. Inoltre, chi si occupa del business deve diventare consapevole che il Cio non è un'appendice da consultare in seconda battuta per “fare qualcosa”, ma deve partecipare alla condivisione delle decisioni. E’ importante che rispetto al passato il Cio rinunci ad alcune peculiarità operative per investire sul lato progettuale e manageriale.

(tratto da intervista rilasciata a A. Savarese per conto di Data Manager Maggio 08)

venerdì 16 maggio 2008

venerdì 9 maggio 2008

Quanto spago lasciare?

E' giusto, all'interno di una organizzazione IT, introdurre regole severe che impediscano lo svilupparsi di varianti fuori controllo o lasciare un po' di briglia sciolta alle forze 'laterali' è segno di una maturità capace di far emergere elementi creativi che altrimenti rimarrebbero inespressi?
Insomma, quanto spago bisogna lasciare?

Probabilmente si tende a dare risposte diverse a seconda della posizione in cui ci si colloca.
Fino a qualche mese fa la mia azienda, prima di essere incorporata, pur piccola, era comunque "il centro" di un network di lavoro; di conseguenza vedevo le cose dalla prospettiva di chi cerca di aumentare i controlli, di implemetare gli standard, di evitare il proliferare di nuovi software locali e di sistemi decentrati diversi o configurati con politiche diverse.
Oggi che faccio parte della periferia di una grossa organizzazione mi viene più facile esporre delle contro-osservazioni.

In definitiva sono due aspetti della realtà che andrebbero valorizzati di pari passo.
Sviluppare sistemi, funzionalità e politiche, governando il tutto da un centro-stella è spesso una necessità oltre che una efficenza. Il prezzo della disomogeneità potrebbe essere fatale oggi che comunicare, analizzare globalmente i risultati, trasferire informazioni in tempo reale è una esigenza dei processi di erogazione dei servizi/prodotti.
Nello stesso tempo trovare canali che permettano alla periferia di esprimere spinte dal basso, potrebbe essere un modo per evitare una omogeneità stagnante.
Come in fondo ci insegnano le scienze naturali: l'evoluzione delle specie, produce il miglior adattamento all'ambiente mescolando il più possibile i 'geni'.

mercoledì 16 aprile 2008

Integrazione informatica

L' integrazione di 400 persone (140 a Genova) in un gruppo di oltre 4000 persone, svolgendo le attività di addestramento agli applicativi software fondamentali in quattro settimane, senza fermare le attività produttive richiede la messa in campo di enormi energie e coordinamento.
Partecipare a questo progetto è stato per me estremamente impegnativo e coinvolgente.
Raccogliere i riconoscimenti è una soddisfazione professionale.








Abbiamo portato a termine un grosso progetto con CCL titola un articolo della rivista interna di Hamburg Süd".







E in questo passaggio:
"Il buon supporto dei nuovi colleghi in CCL, guidati dal General Manager Giuseppe Godano e l'esperto IT Vincenzo Trichini, hanno anche fornito un prezioso al successo.






Infine nella didascalia della viene esteso, giustamente, il prezioso successo a tutto il team informatico di CCL.

Ne parlo anche qui

venerdì 28 marzo 2008

Colloqui

Condurre dei colloqui per selezionare personale è diventata una delle attività più dolorose che spettano a un manager.
In questi giorni, mi è capitato di doverlo fare e, dando un'occhiata ai curriculum vitae, mi rendevo conto che mentre fino a qualche anno fa si incontravano spesso persone in cerca di un cambiamento allo scopo di migliorare la propria posizione, oggi la quasi totalità delle richieste proviene, per quanto riguarda i giovani, dalla ragnatela del precariato e purtroppo cresce drammaticamente la quantità di persone quaranta/quarantacinquenni che hanno perso il lavoro da qualche anno, non a causa della loro incapacità, ma perchè la filiale ha chiuso, l'azienda è fallita, la compagnia è stata rioganizzata.
Gente con famiglia costretta ad arrangiarsi con lavoretti saltuari lontani dalla propria specializzazione.
Francamente non è un segnale incoraggiante per la nostra società. Si assiste allo spreco di energie valide, come un motore che gira a vuoto.

Mi viene in mente il film "Giorni e nuvole", girato a Genova, che racconta le peripezie di un manager alle prese con la disoccupazione.

martedì 11 marzo 2008

Informatica e Kant

Scriveva nel giurassico anno 1987, nella rivista Sistemi e Automazione, l'ing. Gianfranco Secchi che operava presso la Direzione Programmi di Informatica di IBM Italia.

Il lavoro che svolgo consistente nell'intrattenere pressochè ininterrottamente i più disparati uditori su questioni informatiche, mi porta a trovarmi tra le mani riviste specializzate su Sistemi e Automazione.
Le apro e le richiudo subito, inorridito. Ma è possibile, mi domando, che, abbandonato il campo De Crescenzo, sia rimasto solo io a scrivere di calcolatori senza annoiare a morte?
E' possibile che questo informatico, che, per il suo campo di interesse dovrebbe essere l'uomo del futuro, l'uomo di un mondo più evoluto ed intelligente, tale mondo ci rappresenti, quando scrive, come il regno dell'arido, del difficile, del pedante, del prezioso? E sono tutti così gli informatici?

Questo uomo informatico va formato o meglio "riformato". Un'intensa, abbondante pressante formazione [tecnica], lui, l'ha già avuta.
Eppure, questo, è avvenuto: quando lo senti parlare, segui i suoi ragionamenti, esplori le sue motivazioni, non puoi non percepire la presenza di una particolare filosofia, di un particolare modo di essere. Un'entusiasmo lo inonda al considerare i risultati e i servizi. La razionalizzazione diventa l'unico modo di procedere, di pensare, di essere. Ma attenzione, la "ragione" che sta alla radice di quella razionalizzazione non è quella kantiana, che include moralità, gusto, anche fede, è invece quella del calcolatore, cioè quella che tutti i ragionamenti traduce in algoritmo, numero, operazione aritmetica.
Quest'effetto non è buono: è l'inizio di un percorso al cui termine c'è la minaccia della fantascienza, la macchina che domina l'uomo, avendo costui perso quei valori, suoi propri, che gli permettevano, di distinguersi da essa e di dominarla.

Troppo spazio prenderebbe riportare per esteso tutto l'articolo.
Alcuni commenti.
Si capisce che quando sono state scritte queste parole, il fenomeno internet era irrilevante e sconosciuto l'effetto che avrebbe avuto negli anni successivi.
Si nota anche il procedimento "batch" dell'autore che ha passato la sua vita con i mitici mainfame IBM. Quelli che hanno fatto la storia, quando si lavorava sul singolo bit e si avvertiva con forza il pericolo/tentazione di estendere alla vita sociale lo stesso principio on-off.
Oggi sarebbe difficile, nell'era www, inquadrare così i pericoli del calcolatore sulla formazione umana, eppure apprezzo ancora l'approccio che puntava a demitizzare il dio-computere qualche rifleessione si può ancora fare.
Simpatico l'accenno al collega poi divenuto scrittore famoso.

giovedì 14 febbraio 2008

Conoscere il business è importante

Ho sempre pensato che, per un direttore IT, conoscere bene il core-business dell'impresa per la quale si lavora fosse un punto di forza perché la conoscenza dei processi specifici unita alla competenza tecnologica dovrebbe favorire l'individuazione di una strategia IT e facilitare quel guizzo mentale che permette di cogliere le opportunità emergenti nei due campi.

Uso il condizionale perché, con sorpresa, ho scoperto in questi giorni che ci sono CIO, anche di aziende importanti, che non la pensano affatto così.
La loro posizione è più o meno questa: "Io sono un informatico e devo essere in grado di lavorare per qualsiasi tipo di azienda, non mi interessa conoscere più di tanto come si sviluppa l'attività della mia compagnia, mi occupo di sistemi, di reti, diITIL, di architetture..."

Non sono d'accordo con questa impostazione: la mia esperienza va in direzione completamente contraria. La conoscenza dei processi, la vicinanzaculturale con gli altri manager della prima linea, la capacità di ascoltare e condividere la terminologia sono fattori che valgono da soli più della metà della competenza di un direttore IT.

Vedo marcati con un flag giallo simbolo di -criticità- i progetti gestionali gestiti da questo tipo di manager asettici.

lunedì 28 gennaio 2008

Se il bullo è il capo

A chi non è mai capitato di avere un capo arrogante?
Si impara come gestire un progetto o un gruppo di persone, come raggiungere gli obiettivi. Ma che addestramento si riceve su come gestire i manager ingestibili?

Può essere una lavata di capo abrasiva oppure una dolce-affilata stilettata: parole e azioni che creano frizioni, coinvolgono altri colleghi, tritano le motivazioni sul lavoro e minano la fiducia.
Ci sono persone che sono capaci di infliggere profonde ferite ai propri collaboratori, senza rendersi conto che in ultima analisi provocano una perdita di efficacia e produttività.

Chissà se qualcuno ha provato a calcolare quanto costa la tolleranza di questi atteggiamenti: in termini di assenteismo e abbassamento di produttività, per esempio.

Il minimo che bisogna fare è attrezzarsi per addomesticare la situazione.
Spesso si pensa: chi è aggressivo è pazzo o cattivo; lo si immagina sempre alla ricerca di come tormentare il prossimo. Ma spesso queste persone sono soprattutto spaventate.
Hanno la necessità di essere percepite come persone competenti e qualsiasi cosa minacci questa sensazione (e basta veramente poco) aumenta la loro ansietà e genera l'attacco.

Un'altro aspetto da considerare è che spesso non si rendono conto di essere aggressivi o comunque non sanno valutarne l'effetto e i danni. Sono come ciechi perché non sanno vedere oltre alle proprie emozioni.

Come si diventa così aggressivi? Spesso si tratta di abitudini contratte nell'infanzia, a scuola o nell'ambiente di lavoro stesso. E' un atteggiamento che appare loro vincente ed efficace.

Cosa bisognerebbe fare?
Beh, naturalmente se il capo in questione è un sottoposto si può intervenire con un training specifico: 1) fargli vedere cosa sta facendo (consapevolezza); 2) farlo preoccupare abbastanza da desiderare di cambiare; 3) offrirgli un aiuto.
Anche se è più facile a dirsi che non a farsi.

Ma se il capo ruvido è un proprio superiore, allora diventa veramente complicato.

Bisogna innanzi tutto sforzarsi di non attivare l'aggressività. In questo può aiutare la conoscenza. Si può imparare (sulla propria pelle) quali termini o modi di dire sono da evitare. Imparare a gestire i primi venti secondi può essere decisivo.

Fare bene il proprio lavoro ed evitare i confronti personali a tutti i costi.

Non pensare di poter disinnescare il bullismo del capo attraverso le proprie capacità di relazione interpersonale. I riferimenti emozionali o spirituali sono quasi sempre una trappola.

Poi, quando, nonostante le buone intenzioni, l'attacco parte, non fomentarlo con atteggiamenti di sfida. E' saggio ed è meglio lasciar perdere e ritornare sull'argomento successivamente nel modo il più possibile neutrale .

Gli psicologi direbbero che non bisogna cadere nella trappola carnefice-vittima. Bisogna rompere la stabilità latente di quel rapporto, sottraendosi alla lotta. Non pensare che è una fuga o una frustrante sottomissione. E' piuttosto una sana e lucida reazione che evita guai peggiori. Può essere utile in questo senso non spaventarsi e mantenere un contatto visivo con gli occhi dell'altro.

Personalmente qualche volta ci sono riuscito, qualche volta no.

Ispirato da un articolo su CIO Taming the Abrasive Manager di Laura Crawshaw

venerdì 11 gennaio 2008

Il Container, questo sconosciuto

Un gruppo di Compagnie di Trasporto Marittimo (tra cui anche Hambug-Süd per la quale lavoro), ha deciso di promuovere la conoscenza del trasporto attraverso i contenitori.

All'opinione pubblica non è consapevole di quale ruolo rivoluzionario ha avuto nello sviluppo dell'economia del pianeta questo parallelepipedo che spesso ingombra le carreggiate delle nostre strade.
La quasi totalità dei beni che consumiamo ed utilizziamo nella vita quotidiana viaggia in contenitori.
e con colo "viaggiano" preoccupazioni sulla protezione dell’ambiente, timori per la globalizzazione e per la sicurezza.
Nel sito http://www.shipsandboxes.com/ la nuova organizzazione Container Shipping Information Service ha strutturato una serie di interessanti notizie. Per il momento è solo il lingua inglese.
Dal mio punto di vista mi occupo dei processi legati ai Trasporti Marittimi su Container da oltre venticinque anni e posso dire che il flusso di informazioni che viaggia insieme alle merci è notevolmente complesso. E' come una fitta rete che coinvolge tutti gli attori della filiera. Cito solo a mo' di esempio: Esportatore, Spedizioniere, Agente Marittimo, Agente doganale, Armatore, Terminal portuale, Depositi, Trasportatori...