lunedì 26 marzo 2007

Conflitti in azienda

Analogamente a qualsiasi altra funzione direttiva, anche il CIO, si trova prima o poi a dover gestire un conflitto.
Qualche volta è parte in causa perchè le divergenze lo vedono coinvolto con un subalterno, con un superiore o con un pari livello.
Altre volte il conflitto avviene fra persone alle sue dipendenze, ma non per questo può considerarsi estraneo.
E' evidente però che le due situazioni pongono la persona in situazioni comportamentali molto differenti.

Quello del conflitto in azienda è uno di quegli argomenti in cui è bene non lasciarsi guidare dall'istinto, se non si vogliono creare guai ai quali bisogna poi lavorare per anni prima di riuscire a sanarli.

Istintivamente si è portati ad applicare alle situazioni che si determinano, i comportamenti privati maturati nella propria indole psicologica.
Qualche esempio a caso:
  • buttarsi nella mischia parteggiando per l'uno o per l'altro
  • soffocare ogni tentativo di tensione
  • ignorare il conflitto
  • esasperare le divergenze
  • predisporsi ad una veloce ritirata
  • rinvangare il passato
  • assumere un comportamento paternalistico
  • pretendere di risolvere con autoritarismo
Questo ed altro, non per una capacità selettiva del comportamento ma per predisposizione personale, a seconda che la persona sia estroversa o introversa, combattiva o accomodante.

Personalmente è un argomento che ha pesato moltissimo nella mia quasi trentennale esperienza di lavoro.
Le considerazioni che posso trarre oggi sono frutto di molti e clamorosi errori e mi spiace non aver capito da subito che l'apprendimento di una tecnica comportamentale avrebbe aiutato non poco.

Parto dai miei errori, perchè poi, a ben vedere, è da lì che si impara in tutti i campi della vita. I miei errori, quindi dipendono dalla mia personalità e non sono generalizzabili, comunque sono un punto di partenza per riassumere qualche linea.

  • Un amico in azienda può rappresentare un problema, perchè la confidenza e la stima complicano la gestione delle divergenze e se uno dei due è capo dell'altro, la distinzione dei ruoli può allentarsi e generare confusione nell'organizzazione
  • Incaponirsi sul diritto riguardo a una certa scelta tecnica, può impedire di vedere altre soluzioni che pur comprendendo la propria rappresentano un ampliamento vantaggioso.
  • Se si incontrano personalità disturbate, bisogna riconoscerle come tali. In questi casi i normali approcci dove si alternano aperture e prese di posizione non funzionano perchè le reazioni sono "malate". Io non ho saputo riconoscere una situazione del genere con un mio collaboratore e ho impiegato molte risorse prima di venirne a capo. Questo è un raro caso in cui dialogare ottiene effetti opposti a quelli sperati. Se possibile farsi aiutare da uno specialista.
  • Il conflitto è generato come conseguenza della lotta di potere fra due capi. Succede così per esempio: un amministratore delegato e un direttore generale sono regolarmente in contrapposizione perchè alla base delle divergenze c'è in palio il controllo delle decisioni. In questo caso l'ICT è un buon parafulmine dove scaricare le tensioni reciproche. La mia soluzione è stata la consapevolezza che "il problema non sono io", poi verificare attentamente le competenze gerarchiche dell'uno e dell'altro e muoversi in scrupoloso rispetto dei mandati; infine non schierarsi nel conflitto che non ti riguarda.
  • Superiori che fanno dell'aggressività uno standard nella convinzione di ottenere risultati migliori, non vanno affrontati di punta. Aspettare qualche giorno prima di esporre una alternativa, mai contrapponendola ma presentandola come logica conseguenza. Evitare quella particolare e insana stabilità del rapporto definito "vittima-carnefice".

Personalmente detesto le parole "conflitto" e "dialettica". Farei parte di quelli che come prima reazione cercano di evitare simili situazioni.
Ed effettivamente c'è un modo collaborativo per far emergere idee nuove e valorizzare le idee dei singoli. Richiede però partecipanti al gruppo fondamentalmente maturi. E' il caso in cui le relazioni interpersonali danno il migliore dei risultati possibili, dove l'uno tira fuori dall'altro il meglio in un circolo virtuoso positivo. E' realtà! Si può fare! L'ho provato più volte, ma bisogna prendere atto che spesso, anzi normalmente non è così. Allora il punto di partenza è accettare l'esistenza di conflitti come una cosa normale.

Di fronte al conflitto bisogna evitare le due reazioni opposte, scappare e lottare. Lì in mezzo ci sta gestire, ascoltare, comprendere (quindi stavi dicendo che...), separare le reazioni, placare gli impulsi.

Evitare di chiamare in causa una terza parte per risolvere la situazione vuol dire avere il controllo della situazione. Viceversa, "lo dico al capo" è segno di difficoltà. Ricorda tanto quando in braghette corte dicevamo: "lo vado a dire al mio papà che viene qui e ti picchia....". E poi bisogna vedere come è il capo...

L'utilizzo di lettere o peggio ancora di email nella gestione dei conflitti è pericolosa. Se da una parte si pensa che mettendo per iscritto la propria posizione si possa offrire maggiore possibilità di ragionamento è più forte la constatazione che un faccia-a-faccia consente di mettere in gioco tutti i nostri sensi e poter valutare l'atteggiamento non verbale (l'espressione del volto, la gestualità, l'atteggiamento del corpo), il tono di voce, la presenza e durata di silenzi, l'animosità e così via.

Comunque la chiave di volta è impedire che il conflitto diventi distruttivo.
In questi casi il lavoro tende a bloccarsi, le singole persone si "ritirano", sfuma la collaborazione.
Bisogna assolutamente evitare situazioni in cui c'è un vincitore e un perdente, portare quindi il gruppo, in qualche mariera, a risulti simili a quelli che si avrebbero con un atteggiamento spontaneamente collaborativo.
Gli attacchi personali sono una cosa deleteria, perchè incarogniscono e allontanano drammaticamente dai temi aziendali da affrontare.

Andare verso un conflitto costruttivo vuol dire per esempio, mettere delle semplici regole come avere un'agenda degli argomenti da trattare e rispettarla, far parlare uno per volta e favorire l'ascolto verbalizzando quello che è stato detto. Moderare gli interventi, sottolineare gli aspetti costruttivi e inquadrare quelli critici in una visione di miglioramento.
Stoppare digressioni su aspetti privati e caratteriali, impedire il sovrapporsi di voci o il chiacchericcio a bassa voce fra due componenti il gruppo.
Favorire un clima in cui tutti si sentano vincitori, ringraziando con convinzione anche il contributo di chi è andato in minoranza.



Ne parla
ComputerWorld News del 26/3/07 ; CIO: quattro consigli per 'battagliare' in azienda.
Suggerisco pure www.professionelavoro.net che ha varie newsletters dove sono trattati questi argomenti.
In rete corsi e libri sull' argomento sono abbondanti ma non mi sento di consigliarne uno specifico.


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